domenica 27 ottobre 2019

Maria!

Maria ha ottantasette anni. A settantacinque decise che non sarebbe più uscita di casa e così ha fatto. Certo all’inizio non fu semplice convincere il marito e i figli che la sua decisione era definitiva. Il marito si sarebbe assunto la responsabilità della spesa e delle altre faccende da sbrigare, in fin dei conti lei lo aveva fatto per tutta la vita. La parrucchiera sarebbe venuta una volta alla settimana e lei avrebbe continuato ad avere il suo aspetto. Incaricò la donna di servizio di portarle degli abiti nuovi, di tanto in tanto. Sarebbe uscita in giardino, questo si. Le era sempre piaciuto quel giardino e aveva dedicato molte energie per renderlo il posto che è adesso. I figli a poco a poco si rassegnarono e cambiarono l’abitudine di averla a casa loro durante le feste comandate. Certo per un certo periodo, un anno almeno, dovette sottoporsi a visite di specialisti per dimostrare la sua salute sia mentale che fisica. L’aveva previsto. Un pò per volta, ogni giorno un pò, quella che era stata considerata malattia prima, poi eccentricità via via più tollerabile divenne la normalità. Maria riceve visite, telefona, fa sentire la sua presenza in molti modi, ma non è più uscita dal cancello che porta sulla strada. Il motivo della sua decisione non l’ha mai detto a nessuno, ha mantenuto le sue posizioni ostinatamente. Non so quale vita possa aver avuto Maria, possiamo immaginare che abbia avuto un amore che ancora ricorda, l’emozione di quel primo bacio, un lavoro che l’avrà fatta stancare, la guerra con le sue miserie da dimenticare. Io la conobbi tre anni fa, senza un motivo particolare; ero di passaggio nel paese di Maria e dovetti aspettare tre giorni per la riparazione dell’auto di ritorno da una vacanza. La conobbi per caso, passando davanti a quel recinto proprio davanti l’albergo dove alloggiavo. Il primo giorno mi sorrise e mi salutò con la mano, parlammo attraverso la staccionata. Chiesi e ottenni un ramo di euphorbia da piantare in vaso. Il secondo giorno comprai delle pesche nel mercatino li vicino per ricambiare la cortesia, sperando di incrociarla. Non la vidi e appesi il sacchetto al cancelletto. Il pomeriggio uscendo dall’albergo un signore anziano mi chiese se fossi stato io a lasciare quella frutta, risposi di si. Era il marito che mi raccontò la storia di Maria come si legge una distinta del rimborso spese. Attento a non trascurare niente. Ci salutammo. Il terzo giorno fu Maria a chiamarmi dal giardino, mi offriva la colazione. Accettai e ci sedemmo in veranda. Mi disse che aveva visto che parlavo con suo marito, così mi raccontò la storia a modo suo. Il terzo giorno la vidi bene, da vicino. Era magra, mi serviva il caffè mentre parlava, aveva occhi azzurri che avevano graziosi salti tra la tavola, i miei occhi ,la mia persona, il giardino. Come se dovesse trovare qualcosa. Quel ramo di euphorbia è diventato una pianta che ancora conservo e mi capita di ripensare a Maria. E mi capita di pensare alla sua decisione saggia e folle di ritirarsi dal mondo. E mi capita di pensare che per riuscire a trovare un luogo sicuro, caldo, morbido, fantastico, ci vuole una bella forza. Ma per farlo diventare come lo ha fatto Maria,beh… quella è arte.

venerdì 6 settembre 2019

Me ne compiaccio proprio!

Mi sono ridotto ad avere due tazzine da caffè a casa. Io e il biondo, la rossa e il toscano siamo alla Rinascente. Penso alla mia miseria davanti al set di tazzine Pantone totalmente dispiegato davanti a me, le vorrei quasi tutte. Ne valuto l’acquisto, 15 € a tazzina mi sembra tanto visto la fine che faranno. Il biondo si avvicina e mi sorride sornione “lasciamo stare gli acquisti d’istinto, non ripagano…” Mi toglie dalle mani una tazzina rosso 2035 e se ne va. Ha ragione. Io rimango li fermo a guardare ancora un pò, ad assaporare la mancanza dell’inutilità. E’ ormai qualche tempo che penso di comprare una casa in pietra in montagna e farla ampliare con elementi esterni. Mi piace immaginarla come se Mies van der Rohe facesse un intervento. Linee dritte, grandi superfici vetrate, linee di intersezioni che nelle prospettive sorprendono. Io che non so niente di architettura e nemmeno so scegliere una stanza in base all’esposizione, che mi trovo sprovvisto di argomenti e annego nel dubbio quando devo scegliere il colore della parete o spostare un mobile, ho sempre ammirato come gli architetti siano in grado di vedere oltre le pareti e oltre il visibile. Immaginare uno spazio. Spostare pareti. Aprire passaggi. Io mi intendo di altro: delle umane miserie, di scienza, di malattie. Al massimo so appendere un quadro, e ammetto con vergogna, con una certa difficoltà. Io che cerco i significati nelle persone e con quello ci lavoro, di fronte all’estetica non so che fare. Cerco il modello che sia riproducibile, che sia la chiave d’accesso, che mi porti al significato e così mi perdo davanti ai colori. Come un bambino a bocca aperta. Nell’ultimo anno sto apprezzando in modo nuovo l’arte di osservare, di guardare le cose e gli errori come fa il SignorGatto. Il SignorGatto, che è francese e fa il grafico di professione, di colori e linee sa tutto! Ha la testa piena di forme e di colori, secondo me. Ma da fuori non si vede. Sa vedere le cose e le sue forme, a volte me le spiega. Guarda gli errori e li valuta come io guardo la cassiera al supermercato. Senza interesse. Penso che prenderò questo plaid al SignorGatto!