domenica 9 gennaio 2011

non serve correre,basta arrivare in tempo

Paolo,il barista che c'è in fondo alla via, ogni mattina ci delizia con la massima del giorno che scrive su una lavagnetta appoggiata tra le collezioni di Illy caffè.
Non che abbia particolare simpatia per gli aforismi,ma alcuni sono divertenti.
Oggi la lavagnetta è didascalica: NON SERVE CORRERE,BASTA ARRIVARE IN TEMPO. Mi fa sorridere perché è sabato e Torino si muove lenta,soprattutto al mattino.
Paolo e Marina gestiscono il bar,lei è un donnone che sembra uscita da un film di Fellini e lui è magro magro con un sorriso che non ha nulla da invidiare a Fernandel. E in effetti qualcosa di francese ha questo bar,ha quell'atmosfera polverosa dei bar che Simone Signoret gestiva nei film e i clienti sempre un po' di fretta e un po' anonimi con un'eleganza grigia.
È un luogo in cui il tempo è scandito dal gracidare di una rana elettronica di certa produzione cinese al posto della campanella.
Più in la c'è la vineria dove Marco cerca di spiegarmi tutte le qualità delle sue bottiglie,ma dove si può anche comprare il vino sfuso portando una bottiglia.
Ancora pochi passi e ci si trova sul corso,all'angolo sta aprendo una filiale della mia banca. Non che mi serva,mi fa solo sentire la sensazione di essere accolto.
Nel mio quartiere mi ci trovo bene.
È nel centro,ma lontano dalla confusione. Coesistono immigrati extracomunitari ed ex immigrati degli anni 60 che li guardano con sospetto.
Giovani mamme italiane che portano ai giardini anche i figli italiani di extracomunitari e vecchiette che fanno la spesa al mercato rionale anche se a due passi c'è un grosso centro commerciale. Addirittura nominatosi Parco.
E c'è il fornaio che approfitta dei ponti e rimane chiuso anche tre giorni di fila ma che riversa nel negozio ogni ben di Dio. Ha scelto di vivere tranquillo,liberandosi dalle dinamiche del reddito e si chiama come me. Fulvio.
E c'è Donato,il carroziere, con il quale ci siamo sfanculati per qualche tempo e adesso mi tiene il parcheggio quando sa che faccio la notte.
E c'è il sig. R. che è il capo del mio condominio che si preoccupa se mi disturba il mio vicino, che è nigeriano, e probabilmente R. ignora che sia un ricercatore al Politecnico di Torino. Altrimenti lo chiamerebbe come me,dottore,e forse gli terrebbe la porta.
Ripenso a queste cose mentre corro veloce sul SUV di Aurelio e Roberto che mi sta portando a Milano e sento il bisogno di fissarle.
E ripenso alle parole di Laura dell'altra sera e ripenso alle parole di Ermanno di oggi.
E penso che questa è la mia vita,e sono grato che sia così bella e tremenda.
E penso che se va bene,anche io arriverò in tempo.