sabato 12 marzo 2011

notizie per l'aldilà

Il mio lavoro si basa sulla possibilità di acquisire informazioni. Poi di fornire una soluzione adeguata. Una risposta.
Per questo motivo sono spesso collegato,per attingere fonti di informazione e per mantenere i contatti.
Leggo i quotidiani,leggo libri,consulto più volte le mail al giorno.
Con certi amici mantengo una corrispondenza regolare ma non fitta,sono persone che vivono lontano da me,ma che in qualche modo ho piacere di sentire e continuare a sentire.
Tra questi c'è Gojko,adesso è un giornalista serbo. Che in certi posti è ancora importante far sapere quello che succede. E beve molto più di me.
Ci siamo conosciuti quando pensavo che allestire cucine da campo e dar da mangiare a uomini e donne disperate poteva avere un senso.
Lui faceva contrabbando e io sotto Natale con altri quattro illusi eravamo andati a Belgrado. Per dare una mano,così pensavamo.
La sera andavamo tutti in un bar,a bere birra o rakjia,dipendeva cosa c'èra.
Alle volte c'era solo uzo,e a me l'anice proprio non piace. Ma la guerra fa paura. Anche quando sai che torni a casa dopo pochi giorni.
Rimanevamo al tavolo a bere e ridere con gli occhi che bruciavano per il fumo e il vento fuori.
Fu li che lo incontrai,vendeva Rolex falsi agli italiani ricchi e sigarette ai serbi poveri. Ci scroccava da bere,poi se ne andava senza salutare.
Ma andava bene così.
E poi c'era anche Ana,una ragazzina di quindici anni che aveva grandi progetti e le piaceva stare tra i grandi.
Ana aveva un fratello più grande che la teneva sempre sott'occhio,ma con gli italiani la faceva restare.
Voleva bere anche lei e chiedeva sempre in regalo qualcosa,oppure cercava di rubacchiare. Per venti giorni è stata la nostra mascotte e passava da dietro la cucina per farsi dare di più da mangiare. Per la madre,diceva,ma non lo abbiamo mai saputo.
Due giorni prima della nostra partenza Ana fu colpita all'anca da una pallottola e prima di partire andai da lei per salutarla e regalarle i miei rayban. Le piacevano.
Mi disse: tornerai a Belgrado,tornerai per me... Le piaceva fare la donna fatale,era una bambina che aveva visto troppe cose che i bambini non dovrebbero vedere.
Ho ripensato a queste cose ieri sera,aprendo la mail di Gojko,che sta bene e ha un nuovo incarico.
Al fondo della mail una sola frase: Ana è morta.
Ana è morta marcita dal cancro,non aveva ancora trent'anni.
Avevi ragione Ana,tornerò a Belgrado per te,tornerò per sputare sulla terra che ti ricopre.
Intanto questa è per te. Che di risposte non te ne so dare.

martedì 8 marzo 2011

ancora pochi minuti...

Che bella giornata di sole!
Dopo due giorni di andirivieni per la stazione di Brescia, e non è una bella zona, credetemi.
L'autobus, la tabaccaia fighetta e cafona vicino all'albergo, il bar coi bartender marpioni,le lezioni e le giustificazioni, i giudizi e le lamentele,questo posto sulla panchina proprio me lo merito.
Nella panchina a fianco una donna cinese, sporca, mastica e sputa qualcosa e una signora che passa la guarda come si guarda un cane che caga.
Degli arabi loschi non si sa bene cosa facciano.
Un inglese che puzza di alcol mi chiede della moneta,gliela do. Non vorrei fargli fare troppa fatica, che la discesa nell'incubo è troppo lenta se sei lucido.
Ma adesso mi godo questa attesa, mi guardo in giro e penso che forse aveva ragione Diane Arbus quando diceva che i freak sono i veri aristocratici della vita.
Io aspetto Bruno,aspetto la mia porzione di bontà.
Nessuno si siede vicino a me,nessuno mi parla. Respiro.
So per certo che hanno cucinato tutta la mattina e mi riempiranno di cibo.
Io lo accetto e mangio tutto perché è il loro modo di dimostrarmi affetto.
Lo accetto come accetto il caffè a letto al mattino,anche se brucia.
Accetto e ringrazio.
Bruno quando non mi vede per qualche tempo è in imbarazzo e fa battute cretine. Poi lo abbraccio e si ammorbidisce. E finalmente sta zitto.
Sa come prendermi lui,so come prenderlo.

Seduto ad aspettare non sono solo,uno per uno i miei antenati,le persone care,arrivano.
I nonni,i bisnonni,le nonne e le zie,i fratelli mai avuti e perduti. Sono tutti con me e non sono più solo in questa panchina,ci sono loro.
Sono loro che mi dirigono,sempre loro che mi sussurrano all'orecchio le parole per spiegare.
E c'è silenzio in questa confusione di uomini e donne che partono e arrivano.
Qualcuno aspetta,come me.
Ogni tanto ci scambiamo uno sguardo,felici di essere soli.